il piacere
E’ strano parlare di piacere nella nostra società.
In genere viene associato al piacere carnale, quello che soddisfa bisogni molto materiali e relegato lontano dalle sfere spirituali.
Anzi il piacere è una cosa che tutti vorrebbero provare, ma a causa di tutta una serie di meccanismi mentali ( vergogna, paura e senso di colpa, solo per dirne alcuni ) non si concedono mai di viverlo pienamente.
Ricordo alcune parole del Dalai Lama sull’uomo occidentale che mi avevano fatto sorridere per la loro profonda verità.
L’uomo perde la salute per fare i soldi. E poi perde i soldi per recuperare la salute.
E’ così ansioso riguardo al futuro che dimentica di vivere il presente e il risultato è che non vive né il presente, né il futuro.
Vive come se non dovesse morire mai e muore come se non avesse mai vissuto.
Dalai Lama
Non è certo una vita passata nel piacere
Certamente la vita tipica dell’uomo nella nostra società è passata agognando il piacere. Se ci pensi bene la pubblicità è basata proprio su questo: la promessa del piacere.
E questa promessa, nel codice narrativo dell'”homo consumens”, non può essere legata ad altro che ad un oggetto esterno da comprare. Tutto è in vendita, siano beni come auto, case, vestiti, cibo, ma anche prodotti ( o persone in alcuni casi) che promettono status sociali, sesso, relazioni. Tutto è in vendita con la leva di soddisfare dei bisogni e quindi portarci del piacere.
Ora non è mia intenzione criticare e fare le pulci a questo sistema con questo articolo ( si fa da sè …), ma vorrei portare la tua attenzione su un fatto.
Ci accorgiamo di questi meccanismi oppure a volte li subiamo inconsciamente?
A me è capitato più e più volte di sentirmi frustrata, bisognosa, in difetto e postporre la soluzione a questo stato dicendomi ” Quando avrò fatto, quando avrò raggiunto, quando avrò, quando sarò … allora sì che potrò essere felice e stare nel piacere “. E tutto sembrava sempre dipendere da qualcosa di esterno a me, che dovevo in qualche modo conquistare.
Insomma spesso non riusciamo a vedere che ci troviamo in una condizione di dipendenza, che non potrà mai essere vincente, perché una volta raggiunta una metà scopriremo, sempre, che ci manca qualcos’altro.
E soprattutto, una volta compreso il meccanismo, come facciamo ad uscire da questi processi di dipendenza?
Dove ti porta l’immagine sotto?
Sono incappata (ma nulla è un caso) in alcune opere di Tim Noble e Sue Webster, che hanno acceso spunti e intuizioni.
Spesso l’arte, quella vera oserei dire, è proprio uno strumento che ci permette di avere intuizioni dirette, non mediate dalla mente razionale e quindi squisitamente soggettive e creative.
Questo significa che non ci sono interpretazioni errate o giuste, siamo fuori dalla dicotomia tipica della mente logica, siamo nel terreno fertile della mente poetica, dello spazio del cuore.
Questa immagine in particolare mi ha portato ad una comprensione quasi istantanea. E’ così anche per te?
Sicuramente gli oggetti i primo piano portano al consumismo e all’impronta ecologica dannosa che lasciamo sempre più su questo pianeta.
Ma io collego l’opera anche al piacere.
Perché il profilo delle due persone ( che sono gli stessi autori ) mi sembra rilassato ed appunto nel piacere. Quindi la sensazione è proprio quella che consumo e piacere siano strettamente legati, interdipendenti.
Ed è proprio in questa affermazione, in questa credenza, che si cela uno dei meccanismi artificiali che ci mantiene e manterrà sempre in uno stato di dipendenza.
Se volessimo andare un po’ più a fondo potremmo notare che nell’opera i profili sono delle ombre, delle immagini, e quindi comprendere che, da una certa prospettiva (quella delle luci che colpiscono gli oggetti dell’opera), cioè secondo una determinata narrazione, l’idea che ci facciamo di noi stessi dipende da ciò che consumiamo.
Cambiamo la narrazione
Sicuramente cambiare la narrazione è la vera rivoluzione.
Quindi dobbiamo ribellarci e sconvolgere i codici narrativi, adottando quelli naturali, anziché quelli sociali, artificiali.
Infatti cambiare ad uno ad uno gli oggetti della narrazione sarebbe un’operazione lunghissima e faticosa, che però non ci porterebbe verso la libertà.
Mi spiego, la vera rivoluzione NON riguarda
- valutare ad uno ad uno gli oggetti del nostro consumo, perdendosi nella dicotomia moralista tra bene e male
- muoversi verso certe forme di ascetismo che negano il piacere
Entrambe queste direzioni, sebbene utili in una certa maniera, non ci fanno realmente progredire lungo il sentiero che ci toglie dalla dipendenza.
Il piacere è naturale
Nel mio percorso, togliermi di dosso alcuni residui di puritanesimo e sensi di vergogna è stato un passo importante.
La dimensione del piacere, della gioia, dello stato di flusso è naturale per l’uomo. E’ la condizione in cui tutti dovremmo esistere, se non sempre, almeno la maggior parte della nostra vita.
La persona realizzata e felice vive in uno stato di piacere, in cui ogni azione compiuta è frutto di creatività.
Nello yoga tantrico un famoso passo recita
“Guardati, o re, dal crollo del piacere, perché da quello ha origine l’azione nefasta che ti imprigiona nella ruota del Samsara”
Naropa
I Tantra ( che letteralmente possono essere tradotti come strumento per la libertà) sono una delle principali forme colte di buddismo e procedono spesso per metafore a volte anche un po’ esagerate, per comunicare in modo più incisivo.
In questo caso il grande maestro avverte il re suo interlocutore del fatto che l’azione gentile e amorevole può scaturire da noi solo se siamo in una condizione di piacere.
Quindi il piacere deve essere sempre perseguito, ma si deve cercare il cosiddetto “piacere immoto”, il piacere che non fugge mai via, perché non dipende da nessun oggetto esterno.
Ecco la chiave del piacere immoto
Sembra semplice, eppure, comprendere che il vero piacere non dipende da nulla di esterno al nostro nucleo, ribalta tutta la nostra prospettiva.
Da esseri bisognosi, sempre alla ricerca di qualcosa che ci dia piacere, da esseri frustrati, perché anche se a volte troviamo piacere, questo è sicuramente effimero, ci trasformiamo.
Con un colpo di bacchetta magica, diveniamo persone compiute, realizzate, complete, che hanno in Sé tutto ciò di cui necessitano ed un’infinita abbondanza.
Ovviamente, cambiando il codice con cui narriamo la nostra storia, la materia stessa, che è immagine e vibrazione, apparizione, pian piano si modificherà.
Quando riusciremo sempre più a godere di noi stessi come esseri completi, si materializzeranno nella nostra vita situazioni e persone che rispecchiano questa visione e ci porteranno ancora più piacere.
Quando riusciamo a mantenere il piacere nel corpo, nella mente e nella consapevolezza si accende e brucia un fuoco creativo che nello yoga sciamanico è chiamato dumo o tumo (in Tibet) o tapas (in India).
Piacere come fuoco creativo
Questo fuoco è onnipresente nel matrimonio mistico, in chi è in unione con la divinità, l’invisibile.
Questo calore viene collocato anche in un punto specifico del corpo, nel ventre, circa due dita sotto l’ombelico. E’ un fuoco animico, che siamo chiamati a mantenere sempre acceso ed alimentare, fino a farlo divampare ed giungere al settimo chakra e oltre.
Uno dei compiti principali a cui siamo chiamati è l’impegno a non lasciare mai che il nostro fuoco animico si spenga.
La creatività è il carburante che attizza il fuoco del piacere, mentre compiere azioni meccaniche e ripetitive lo estingue.
La meditazione del giovedì
Se mi segui ormai saprai e magari hai anche già provato a partecipare alle pratiche meditative che tengo on line e gratuitamente ogni giovedì sera dalle 20.30 alle 21.00
Per partecipare contattami e ti manderò volentieri il link.
Lo scorso giovedì ho introdotto un nuovo e potente mantra della tradizione del Mantra Madre ed abbiamo praticato insieme per ritrovare il piacere, che si sviluppa nella dimensione di danza e contatto con il nostro amante mistico.
Sono tutte pratiche che ci aprono ad una nuova narrazione, che ci suggeriscono un codice narrativo naturale e ci aiutano a ritrovare la nostra condizione di esseri completi, senza passare per la dimensione razionale.
La mente infatti è una stratificazione di credenze, cultura e legami atavici che non ha come finalità la nostra gioia, ma il sostegno del sistema, della mondanità che ci vuole controllabili, prevedibili e governabili.
Il vero ribelle si apre ad una mente che lavora in comunione con il cuore e per farlo, ha bisogno di strumenti potenti, di mantra, mudra e formule psichiche che vibrino in tutti i corpi dell’essere umano.
Ti aspetto al giovedì per fare insieme un pezzo di cammino lungo questa strada.
N.B. Il matrimonio mistico è uno dei grandi pilastri del Mantra Madre, che è un cammino di antico lignaggio, accompagnati da una grande famiglia, che si potenzia attraverso le iniziazioni ed i mantra esclusivi tramandati nei seminari del diamante e del fulmine.
Prossimamente ho programmato il seminario del diamante.
Puoi scrivermi a
silvia@silviaravasio.it
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A presto.